Come nasce una tendenza?


Trend, cult, must di stagione. Pane quotidiano (per noi mensile) di ogni magazine patinato che si rispetti. Ma cosa c’è dietro un fenomeno di successo? Non solo il fiuto, ma anche matematica ed economia. Un libro svela perchè

Dimenticate per un attimo i cool hunter. Cancellate gli onnipresenti opinion leader. Stendete un velo pietoso sul solito parterre di celebrities che pretendono di inventare fenomeni e dettare stili. Siate seri, ohibò. Perché, vi piaccia o meno, per far nascere (e durare) le tendenze di moda – quelle con cui vi riempite la bocca, gli armadi o le pagine dei vostri magazine – c’è bisogno di un approccio scientifico: fatto di teorie economiche e regole matematiche. Potrebbe essere questo il messaggio contenuto in “Hot spots e sfere di cristallo” (FrancoAngeli), nel quale la semiologa Giulia Ceriani – docente di comunicazione pubblicitaria ed esperta di ricerche di mercato – affronta il grande tormentone delle tendenze con l’occhio della prof abituata a studiare (e comprare?) anche borse e profumi.
Cosa dice? «La tendenza non è solo un fenomeno di costume, la segnalazione dell’ultimo gadget, della stravaganza estiva o della curiosità che si esaurisce in una stagione. È, invece, una nuova direzione da percorrere che si basa sulla negazione di quanto la precede. La questione non è leggere il futuro, ma dirigerlo. La grande regola: anticipare è meglio che prevedere ».
Anticipare, quindi. Essere visionari, rivoluzionari. Senza paura di rompere con il passato. Ma come? Seguendo solo il fiuto? No. Serve un approccio scientifico. Ecco infatti comparire nel libro grafici e matrici a doppia entrata, teorie di marketing, formule economiche e mappe cognitive che sarebbe difficile sintetizzare in poche righe. Poi qualche critica – «i “cahiers de tendances” dell’industria della moda sono spesso tutti uguali» – e le case history sugli anticipatori di successo: da Prada a Starbucks, da Pomellato a Philippe Starck. Certe campagne Gucci e Dior sono considerate esempi di successo. Come Fendi che punta, enfatizzandole, sulle due effe prima dell’avvento della logomania o Diesel, capace di reinventare i jeans come se non fossero mai esistiti prima.
Ma anche lifestyle. Dagli yogurt Müller, con le confezioni dai colori scuri in grado di cambiare il consumo da un discorso di purezza a uno di piacere sensoriale, al McDonald’s: antesignano della futura esplosione del fast (da Internet ai sushi bar). O la Barilla: con la sua pasta che anticipa quel bisogno di famiglia, cocooning, che sarebbe arrivato da lì a poco. Perché avere le antenne alzate aiuta, ovviamente. Sapete come nacque l’idea degli smartphone (cellulari con cui sentire musica, fotografare, navigare sul web)? Qualcuno si accorse che nelle vie di Tokyo i ragazzi passavano più tempo a guardare nei propri telefonini, che a parlarci dentro.
C’è, infine, un discorso legato alla longevità. Al posto del ciclo di vita del prodotto, teoria faro di ogni economista, si ipotizza qui un ciclo di durata della tendenza. Con qualche curiosità (una borsa non potrà mai essere di tendenza per più di due anni, un’auto arriva anche a cinque) e una sorpresa: la matematica applicata alla moda (modamatica l’abbiamo definita noi per gioco).

Lo sapevate che numeri, logaritmi e proporzioni stanno dietro i nostri look già a partire dagli anni Cinquanta? Fu allora infatti che due antropologi, Alfred Kroeber e Jane Richardson, formularono la prima teoria sulla durata storica di una tendenza di moda, prendendo come riferimento alcuni parametri legati agli abiti femminili. In particolare ipotizzarono un ciclo di vita dei vestiti basato su tre misure: lunghezza e larghezza della gonna; altezza e larghezza della cintura; profondità e larghezza della scollatura. Pare che la stessa Coco Chanel abbia preso seriamente in considerazione questa teoria, forse per misurare i risvolti dei suoi mitici tailleur. E che Mary Quant abbia calcolato al centimetro, parametri alla mano, il taglio della sua prima minigonna. Ma lì si trattava di geni della moda, che davvero non avevano bisogno né della matematica né della sfera di cristallo.

di Giovanni Ciullo

(Pubblicato il 19 settembre 2007)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *